Luiz Inacio Lula da Silva è di nuovo presidente del Brasile. Dodici anni dopo la conclusione del suo secondo mandato, l’ex sindacalista e leader della sinistra ha sconfitto il presidente uscente Jair Bolsonaro. Secondo la commissione elettorale, Lula ha ottenuto il 50,77% delle preferenze, contro il 49,23 dato a Bolsonaro.
Nato il 27 ottobre 1945 a Caetes, nello Stato del Pernambuco (nord-est), figlio di un contadino analfabeta, Lula è cresciuto in una famiglia povera, iniziando a lavorare a 12 anni. Nel 1964, dopo aver perso un dito mentre lavorava in fabbrica come tornitore, ha cominciato a interessarsi di attività sindacale e nel 1978 è stato eletto presidente del sindacato dei lavoratori dell’acciaio. Due anni dopo, nel pieno della dittatura militare, ha contribuito a fondare il Partito dei lavoratori (Pt), movimento di sinistra a cui appartiene anche l’ex presidente Dilma Rousseff.
Le origini operaie e le vittorie politiche hanno reso Lula un fenomeno di massa e un’icona della sinistra latinoamericana. Ma questo non lo ha reso immune agli scandali e all’ombra della corruzione, per la quale è stato condannato due volte e ha trascorso un anno e mezzo in prigione tra il 2018 e il 2019, impedendogli di candidarsi alle elezioni di quattro anni fa.
Nel 2021, la Corte Suprema ha annullato le sentenze, restituendo a Lula i diritti politici. Da allora, il leader di sinistra ha cercato di riabilitare il suo nome e di riconquistare la fiducia del popolo, anche strizzando l’occhio al mondo religioso tanto influente nel Paese e avventurandosi in alleanze innaturali, come quella con il conservatore ed ex avversario Geraldo Alckmin, probabile futuro vicepresidente.