Molti, troppi, colpi di Stato dagli anni ‘50 ad oggi, ma soprattutto la media annuale è in crescita. In Mali un primo colpo di mano si è verificato il 18 agosto 2020, a cui è seguito quello del 24 maggio. Ma non è finita qui.
Si è poi assistito alla presa di potere del colonnello Mamady Doumbouya in Guinea e al recente colpo di Stato del Sudan, senza dimenticare la sospensione del Parlamento tunisino da parte del presidente Kais Saied. Inoltre, in Niger, un colpo di Stato è stato sventato a marzo, pochi giorni prima il giuramento del neo-eletto presidente Mohamed Bazoum.
Le prese di potere militari sono state un evento regolare in Africa nei decenni successivi all’indipendenza, ma uno studio dei due ricercatori statunitensi Jonathan Powell e Clayton Thyne mostra come la curva stia nuovamente salendo dopo i turbolenti periodi post-coloniali.
La ricerca ha identificato oltre 200 tentativi di spodestamento di leader in carica in Africa dalla fine degli anni ‘50 (una media di 4 l’anno) e, secondo gli autori della ricerca, circa la metà di questi ha avuto successo.
Secondo lo scenario tratteggiato dalla ricerca, il Sudan è il paese che ha registrato il maggior numero di colpi di Stato e di tentativi di golpe da quando ha ottenuto l’indipendenza nel 1956: i due studiosi ne hanno identificati 17, di cui 5 riusciti, senza contare quello avvenuto lo scorso 25 ottobre.
A partire dagli anni 2000, tuttavia, i colpi di mano in Africa sono scesi da una media di 4 a 2 l’anno e così sono rimasti nei due decenni successivi fino al 2019. Mentre nel 2020 ne è stato segnalato solo uno in Mali, quest’anno sta registrando un numero di rovesciamenti o tentativi di rovesciamenti notevolmente più alto della media.