Il menù dei colpi di Stato è sempre lo stesso: istituzioni occupate, confini chiusi ed elezioni cancellate. Ora è il turno del Gabon, il Paese dell’Africa centrale guidato da oltre mezzo secolo dalla stessa famiglia.
Un gruppo di militari ha annunciato dagli studi della tv pubblica di aver preso il controllo del Paese, annullando l’esito delle contestate elezioni che si erano svolte il 26 agosto con la vittoria (secondo l’opposizione falsificando l’esito elettorale) del 64enne Ali Bongo Ondimba: la terza dal 2009, dopo che il padre Omar ha mantenuto il controllo del Paese per 41 anni. Si tratta del settimo golpe registrato nell’Africa subsahariana in meno di tre anni dopo quelli di Mali (2020, 2021), Burkina Faso (entrambi nel 2022), Guinea (2021) e Niger (2023).
Il Gabon, paese da poco più di 2 milioni di abitanti, non è scosso dall’ondata di violenze terroristiche che inquieta il Sahel, sebbene sia sotto lo scacco di una dinastia famigliare che ha concentrato nelle sue mani il potere per oltre 50 anni. Ma lo scenario economico si era incupito con la doppia doccia fredda del Covid e della guerra in Ucraina. Nonostante ciò, la crescita registrata nel 2022 si è attestata sopra il 3 per cento.
Piuttosto ricco di risorse naturali, ma piegato dalla povertà, il Gabon rientra nel club dei produttori petroliferi dell’Opec con volumi giornalieri di oltre 181mila barili di greggio, quanto basta a classificarlo come quarto produttore di oro nero dell’Africa subsahariana. Secondo dati della Banca mondiale, il Gabon deve al petrolio il 38,5 per cento del Pil e il 70,5 per cento delle sue entrate da export. La ricchezza del sottosuolo, tuttavia, non si è mai riversata sulla popolazione.