Era stata annunciata per mesi come una data cruciale per il futuro dell’Unione europea. Invece, al vertice del 28-29 giugno, si è discusso di immigrazione e la riforma della governance economica dell’eurozona è passata in secondo piano.
Tutto gira intorno alla ricerca della giusta sequenza temporale tra riduzione e condivisione del rischio. La posizione “nordica” (tedesca, ma ancor più olandese) è a favore di riduzione prima e condivisione poi. Altri, auspicano un approccio bilanciato, in cui riduzione e condivisione del rischio procedano simultaneamente.
Il dilemma c’è e il Consiglio europeo non lo ha risolto. Le sue conclusioni sono inusualmente brevi e suggeriscono che, su molti degli argomenti in agenda, non sia stato possibile trovare un accordo, benché esistesse una posizione condivisa di Francia e Germania, espressa nella “dichiarazione di Meseberg”, rilasciata da Merkel e Macron qualche giorno prima del summit.
Ma su due temi le conclusioni del vertice sono esplicite: assicurazione europea dei depositi (Edis – European deposit insurance scheme) e fondo salva-stati (Meccanismo europeo di stabilità). Per questi due passaggi c’è il via libera all’inizio di una negoziazione politica: è un passo importante, seppure non si stabilisca alcuna tempistica.
Il pericolo di questa strategia è che, senza un accordo politico su come quadrare il cerchio tra riduzione e condivisione del rischio, sarà difficile riuscire a trovare una soluzione tecnica davvero efficace per rendere la governance economica dell’eurozona più resistente agli stress e più sostenibile. Se, poi, l’obiettivo è di non scontentare nessuno bisognerà accontentarsi dell’ennesimo "pasticcio".