L’asse del nord, guidato da Olanda e Germania, continua ad opporsi all’ipotesi di uno strumento di debito comune per fronteggiare la crisi che si sta abbattendo sull’Europa, mentre resta in bilico la proposta francese di istituire un fondo di solidarietà in grado di emettere obbligazioni a lungo termine.
Eppure, la Germania dovrebbe valutare con attenzione l’impatto che le vicissitudini degli Stati del sud potrebbero avere sulla propria economia. Anche perché, tra le conseguenze del Covid-19, ci saranno una regressione del processo di globalizzazione e catene di produzione del valore più corte. Inoltre, la crisi attuale non è uno shock finanziario che colpisce in maniera asimmetrica l’Europa.
Ma la soluzione non può essere il Mes. Così come non è più ‘accettabile’ che mentre le altre grandi banche centrali del mondo monetizzano i deficit di bilancio, in Europa gli Stati membri debbano sottostare a una disciplina di erogazione di prestiti costruita sul modello del settore creditizio privato.
Già, il Fondo Salva Stati valuta la capacità di rimborso del debitore e i livelli di remunerazione del capitale. Proprio come nel rapporto tra banca commerciale e clienti.
E, poi, il finanziamento non può eccedere il 2% del Pil degli Stati che ne fanno richiesta: per l’Italia si tratterebbe di appena 36 miliardi di euro. Troppo poco per accettare la Troika.
Invece, servirebbe uno sforzo finanziario fuori dal normale per evitare il collasso dell’economia. Non possono certo bastare il piano da 200 miliardi della Bei per le imprese e il cosiddetto progetto Sure da 100 mld.
L’Europa avrà fatto anche un passetto in avanti, come molti sotengono, ma che potrebbe essere annullato dalla gravità della crisi economica pronta ad abbattersi anche sull’Ue. E il rischio è di fare come il gambero: un passo avanti e due indietro.