Un intoppo sulla strada del Recovery Fund. Si sta rivelando complicato tradurre l’accordo politico raggiunto a luglio dai 27 leader nei relativi testi giuridici, passaggio indispensabile per poi consentire alla Commissione di emettere obbligazioni e trasferire le risorse alle capitali.
In questi giorni stanno riemergendo vecchie tensioni e disaccordi. E così l’ambasciatore tedesco presso l’Ue ha avvertito che un ritardo sarà “molto probabilmente inevitabile”. Per questo l’Italia pensa a una contromossa: snellire l’iter burocratico del “Next Generation EU”. Roma non può permettersi uno slittamento dei pagamenti.
Tra i protagonisti del contenzioso ci sono certamente Polonia e Ungheria, che respingono le condizionalità legate al rispetto dello Stato di diritto. Ma nelle ultime ore si registrano ‘movimenti sospetti’ dei Frugali (Paesi Bassi e Finlandia in primis), partiti di nuovo all’attacco per sabotare il maxi-piano da 750 miliardi con un obiettivo chiaro: giocare al rinvio. Spetterà ora ai ministri delle Finanze sbrogliare la matassa durante la riunione dell’Ecofin prevista per martedì 6 ottobre.
L’intesa di luglio aveva stabilito che ogni piano nazionale dovrà essere approvato dalla Commissione (entro otto settimane) e dal Consiglio (entro quattro settimane). Ma non solo: il testo del Recovery prevede ulteriori valutazioni per autorizzare tutti i successivi pagamenti. Il via libera spetta alla Commissione che deve chiedere il parere del Comitato economico-finanziario (formato dai governi). Su questo punto è in corso uno scontro tra Italia e Olanda. Roma, per accelerare i tempi, vuole che la valutazione della Commissione e quella del Comitato economico-finanziario procedano in contemporanea. E che quella di quest’ultimo sia non vincolante. L’Aja si oppone: prima si esprime la Commissione, ma poi i governi devono dare l’ok.
C’è poi un altro problema. L’Italia vuole eliminare dal regolamento della “Recovery and Resilience Facility” qualsiasi riferimento alle raccomandazioni relative agli aggiustamenti di bilancio e alle procedure per squilibri macroeconomici. Per gli olandesi e gli austriaci non se ne parla: il riferimento ai conti in ordine deve esserci, sostengono, a maggior ragione ora che il Patto di Stabilità e crescita è sospeso.