Fumata bianca. Dopo settimane di scontri e dure trattative tra Consiglio e Parlamento Ue su Bilancio e Recovery fund, è arrivata l’intesa politica anche sull’ultimo spinoso dossier.
Ma nonostante il grosso passo avanti, raggiunto senza dover rimettere mano al compromesso chiuso dai 27 leader a luglio, e celebrato dal ministro delle Finanze di Berlino, Olaf Scholz, come un “risultato formidabile”, il traguardo per lo stimolo economico da oltre 1800 miliardi è ancora lontano.
La prossima settimana, quando la presidenza di turno tedesca rimetterà al voto degli Stati membri la validazione degli accordi raggiunti con l'Eurocamera, il pacchetto di rilancio potrebbe incorrere in una nuova battuta d’arresto. A preoccupare è il rischio di veto di Ungheria e Polonia.
In una lettera recapitata alla Commissione europea, Budapest ha espresso il suo disappunto, minacciando di bloccare tutto, a causa del nuovo meccanismo che lega l’erogazione dei fondi del budget al rispetto dello stato di diritto. Se Orban deciderà davvero di puntare i piedi, è facile prevedere altre estenuanti mediazioni, e possibili nuovi ritardi, che spingerebbero oltre la primavera la possibilità per gli Stati membri di beneficiare del prefinanziamento dal Recovery Fund, che per l’Italia potrebbe ammontare a 20 miliardi di euro.