Davvero la Germania sarebbe pronta ad un ulteriore passo verso l’integrazione monetaria in Europa? A smentire le parole di Olaf Scholz, il ministro tedesco delle Finanze, secondo cui sarebbe giunto il momento per i paesi dell’UE di "concordare le iniziative necessarie al completamento dell'Unione bancaria", ci ha pensato Jens Weidmann, presidente della Bundesbank. Che ancora una volta si è dichiarato contrario alla "mutualizzazione del rischio" in assenza di una sufficiente responsabilità.
Alla base della sua idea vi è l’Ordoliberalismo, una scuola di pensiero secondo cui responsabilità e controllo devono necessariamente essere allineati. Da qui la sua obiezione alla condivisione delle passività in mancanza di un potere decisionale affidato ad un'autorità centrale. In altre parole, finché i governi nazionali non saranno disposti a cedere, almeno in parte, la propria sovranità.
Ma l’idea non sorprende: la Germania è il maggiore contribuente al bilancio dell'Ue e probabilmente il paese che avrebbe più da perdere in caso di disastro finanziario.
Altro aspetto: secondo la stessa corrente di pensiero, limitare la responsabilità potrebbe portare a conseguenze negative come avverrebbe, per esempio, nel "rischio morale" di fornire una rete di sicurezza per le banche o un'assicurazione comune per i depositanti della zona euro (almeno in assenza, come avviene oggi, di un unico responsabile nazionale). E da vero seguace della tradizione ordoliberista, il governatore della Banca centrale tedesca non ha voluto parlare di finanziamenti, neppure dopo aver auspicato una maggiore collaborazione in Europa su una serie di temi tra i quali clima, difesa e migrazione.
Ma chissà, forse i tedeschi non sono tutti così “vecchio stile”. Secondo un sondaggio realizzato Handelsblatt e Yougov, la maggior parte dei cittadini sarebbe favorevole a un'Europa più forte anche se non è soddisfatta dell'attuale gestione portata avanti da Bruxelles. Un altro fattore che andrebbe a spiegare la scelta della Germania di puntare alla prossima presidenza della Commissione europea e non più della Bce.