Alla fine ha dato il via libera. Il congresso dei socialdemocratici tedeschi dell'Spd, riunitosi a Bonn domenica 21 gennaio, si è espresso a favore dell’avvio dei colloqui di coalizione con la Cdu di Angela Merkel. Per la mozione sostenuta dal leader Martin Schulz hanno votato 362 delegati, 279 i contrari. Questo significa che la Germania avrà finalmente un nuovo governo, che di fatto manca dalle elezioni di settembre 2017. Ma ci vorranno ancora mesi prima che la più grande economia europea abbia un esecutivo effettivamente operativo.
L’ago della bilancia è ora il leader dell’Spd, Martin Schulz, un uomo che solo tre mesi fa aveva promesso di condurre il suo partito all'opposizione dopo la pesante sconfitta patita alle scorsa tornata elettorale. Ma il fallimento dei colloqui tra la signora Merkel e altri due partiti minori, i liberal-democratici e i verdi, ha costretto l'SPD a un ripensamento.
Ma non è ancora detta l’ultima parola. Manca all’appello un voto, che non sarà affatto scontato. La base del partito, infatti, sarà chiamata a ratificare l’accordo finale che la nuova versione della “grosse koalition” riuscirà a raggiungere nei prossimi mesi. Appare ormai lampante come all’interno dell’Spd sia emersa una frattura generazionale che potrebbe pesare. “Dobbiamo essere nani oggi per essere di nuovo giganti domani”, ha detto il leader dei giovani dei socialdemocratici dello Juso, Kevin Kuhnert, che ha poi rincarato la dose: “I temi comuni con la Cdu sono esauriti”, invitando il congresso a votare contro la Grosse Koalition con Angela Merkel. Anche per questo motivo la mozione di Martin Schulz è passata, ma non con una vittoria schiacciante: solo il 56 per cento per lui. In altre parole, l'ala più pragmatica dell'Spd ha vinto una battaglia chiave, ma deve ancora vincere la guerra.