Saranno il ministro dell’Economia argentino Sergio Massa e l’economista (ed ex calciatore) ultra-liberale Javier Milei ad affrontarsi nel ballottaggio per la presidenza che si terrà il prossimo 19 novembre. È quanto indicano i risultati ancora parziali ma ormai irreversibili delle elezioni. Con il 76,12 per cento dei voti scrutinati Massa ha ottenuto al primo turno il 35,9 per cento e Milei il 30,51. Al terzo posto si è classificata la conservatrice e dura ex ministra della sicurezza Patricia Bullrich con il 23,61 per cento.
Chi uscirà vittorioso dalle urne del secondo turno dovrà fare i conti con la a dir poco difficile situazione economica del Paese, che sta scricchiolando sotto decenni di crisi finanziarie segnate da debito, cattiva gestione finanziaria e inflazione a tre cifre. Secondo l’Ocse, l’Argentina va incontro a una contrazione del Pil del 2 per cento quest’anno, seguita da un ulteriore calo dell’1,2 per cento nel 2024. Un quadro macroeconomico che si inserisce in un contesto difficile: il Governo argentino si è impegnato con l’Fmi a mantenere il deficit pubblico entro l’1,9 per cento del Pil quest’anno, nel quadro dell’accordo per il rifinanziamento del debito da 45 miliardi di dollari, raggiunto nel 2018 e sottoposto a complesse revisioni periodiche.
Milei, che ha appena compiuto 53 anni, promette di tagliare la spesa, rendere il dollaro la moneta di corso legale nel Paese e abolire la banca centrale. Massa, invece, ha in programma di tagliare le tasse sul reddito per gran parte della popolazione. Quest’ultimo, con una mossa a sorpresa, poche settimane fa aveva già proposto (misura poi approvata dal Parlamento) di eliminare temporaneamente le imposte sul reddito da lavoro. Soltanto chi percepisce un importo superiore a 15 volte il salario minimo federale, vale a dire 1,77 milioni di pesos al mese (oltre 5mila dollari), dovrà continuare a pagare le tasse.
La voce di quoted
La Banca centrale argentina ha recentemente alzato il tasso d’interesse di riferimento dal 118 per cento al 145. Il Paese si trova a fronteggiare un’inflazione fuori controllo che a settembre era al 138 per cento nonché a una valuta in caduta libera, con il cambio parallelo che per la prima volta ha visto il peso scivolare oltre quota 1.000 sul dollaro. Il risultato è che 2 argentini su 5 vivono oggi al di sotto della soglia di povertà.