È il conservatore Yoon Suk Yeol il vincitore delle elezioni che si sono svolte il 9 marzo in Corea del Sud, la decima economia al mondo (nel 2020 per Pil nominale), e che hanno registrato un’affluenza del 77%. Il nuovo presidente, che resterà in carica cinque anni, presterà giuramento a maggio e prenderà il posto dell’uscente Moon Jae-in, del Partito democratico, il cui candidato Lee Jae-myung è stato battuto di misura.
Sessantuno anni, Yoon ha servito come procuratore generale sotto Moon, fino a quando non si è scontrato con il presidente uscente per le indagini sulla corruzione che ne hanno investito il Governo. Liberista in economia e falco in politica estera, dovrà governare un Paese alle prese con la difficile ripresa post-Covid e l’aumento vertiginoso dei prezzi delle case. Sul fronte estero, Seul fronteggia le minacce della Corea del Nord, in un contesto dominato nell’area dalla Cina. La Corea del Sud cerca un equilibrio che le consenta di rafforzare il rapporto con gli Stati Uniti, il suo principale alleato, senza però inimicarsi la Cina, il suo primo partner commerciale. L’aggressività di Pechino, al tempo stesso, la spinge a cercare legami più forti con il Giappone e con gli altri paesi che si sentono minacciati.
Yoon ha annunciato di voler acquistare altri sistemi missilistici dagli Usa per contrastare la Corea del Nord, nonostante il rischio che questo possa spingere la Cina, che se ne sente minacciata, a ritorsioni economiche. Il neo presidente vorrebbe poi ampliare le consultazioni con gli Stati Uniti sulla deterrenza nucleare, rafforzare la partnership trilaterale con Washington e Tokyo, e unirsi alla Quadrilaterale composta da Stati Uniti, Australia, Giappone e India. Quest’ultima è una cooperazione dichiaratamente volta a contenere la Cina e l’adesione di Seul non può far piacere a Pechino. Nel complesso, la Corea di Yoon si prepara a una svolta netta rispetto alla cautela seguita dall’ex presidente Moon, che ha sempre esitato ad affiancare Washington nel confronto con Pechino.
Sul piano economico, la Corea del Sud è cresciuta dell’1,1% nel quarto trimestre del 2021, rispetto ai tre mesi precedenti, accelerando rispetto allo 0,3% dell’ultima rilevazione. Su base annua, il Pil è salito del 4,2%. Per tutto il 2021, la crescita è stata del 4%, dopo la moderata contrazione dello 0,9% nel 2020. Il paese asiatico è stato uno di quelli che ha sofferto meno la recessione globale innescata dal Covid-19 e tra i primi a recuperare il terreno perduto. Il Pil pro-capite è salito nel 2021 del 10% (a 35.168 dollari). Per il 2022 è prevista una crescita del Pil più moderata.
La Corea del Sud è, in particolare, cruciale per la forte produzione di semiconduttori, grazie a giganti come Samsung e SK Hynix, leader al mondo nei memory chip e rispettivamente al primo e terzo posto in assoluto per ricavi. Con il 20% sul totale, i chip sono la prima voce dell’export del Paese. Samsung ha un piano di investimenti nei semiconduttori da 150 miliardi di dollari entro il 2030: 17 mld dovrebbero essere destinati alla costruzione di una nuova fabbrica negli Stati Uniti. L’apporto di Samsung è determinante per dare corpo alle ambizioni di Joe Biden e potenziare l’industria dei chip statunitense.