È un salto nel passato quello tentato da Yoon Suk Yeol nella notte di Seul. Una situazione che a noi occidentali pare fuori dal tempo, perché siamo prima stati conquistati dai prodotti della tecnologia sudcoreana, e poi, quest’anno, grazie al Nobel per la letteratura assegnato alla prosa sofisticata di Han Kang, abbiamo riconosciuto che la cultura coreana è molto più dei tormentoni del K-Pop.
Tutto questo successo i sudcoreani lo hanno costruito negli ultimi trent’anni, perché il primo presidente civile, non militare o prestanome delle forze armate, fu eletto dal popolo solo nel 1993.
Agitando l’arma della ‘legge marziale’ Yoon si è messo fuori dal tempo in un Paese moderno e strategico per l’Asia e l’Occidente. E fuori dalla realtà suona la giustificazione del presidente aspirante golpista per il suo gesto: ha sostenuto di voler “difendere la libertà minacciata da un’opposizione con simpatie per i comunisti nordcoreani”.
Dietro a tutto ciò, c’è la quarta economia più ricca dell’Asia che evidenzia tuttavia problemi strutturali ai quali né l’attuale amministrazione di Yoon né quelle passate hanno trovato soluzioni: il costante calo della natalità e l’invecchiamento della popolazione, la crescente disparità di reddito, il gap di genere sentito soprattutto tra i giovani, il costo degli immobili nelle principali città.
La Corea del Sud resta comunque un polo all’avanguardia nell’industria automobilistica (si pensi alla Hyundai) e nelle tecnologie. Oggi i semiconduttori rappresentano quasi il 20% delle esportazioni totali del Paese. Entro il 2042, nella città di Yongin - vicino a Seul - dovrebbe nascere la più grande base di semiconduttori del mondo: grazie a investimenti da quasi 230 miliardi di euro del colosso Samsung.
Il tutto con la continua minaccia del vicino dotato di armi nucleari: la Corea del Nord della dinastia dei Kim. Che rende la penisola una delle faglie più pericolose del pianeta.