Alla fine il giorno più difficile per il Regno Unito è arrivato. La premier britannica si è finalmente decisa a fissare la data: secondo fonti governative riportate dalla Bbc il giorno prescelto è il 15 gennaio.
Giorni preziosi per tessere una rete che approvi il suo accordo. E i risultati cominciano a vedersi. Oltre 200 parlamentari hanno firmato una lettera indirizzata alla premier esortandola ad escludere un'uscita del Paese dall’Ue senza un accordo con Bruxelles. L'iniziativa è bipartisan e vede tra i promotori la deputata Tory Caroline Spelman e il collega del Labour Jack Dromey, secondo i quali una Brexit senza accordo porterà a gravi perdite di posti di lavoro.
Ma le forze contrarie a Theresa May resistono: l'ex ministro degli Esteri, Boris Johnson, ha affermato che l'opzione di una Brexit senza accordo è "la più vicina a ciò che la gente ha votato" nel referendum del 2016. Al momento l’unica cosa certa è che l'intesa non sarà rinegoziata con l’Ue e che il 29 marzo la Gran Bretagna lascerà l’Ue.
Intanto è giunta un’altra dichiarazione ad aumentare la tensione: “Il Governo irlandese potrebbe essere costretto a chiedere all'Ue centinaia di milioni di euro di aiuti economici, nel caso in cui la Gran Bretagna si ritirasse dal blocco senza un accordo”. La valutazione in caso di no-deal è del ministro irlandese dell'Agricoltura, Michael Creed. L'Irlanda, che fa molto affidamento su pesca e agricoltura, sarebbe particolarmente esposta ai rischi economici di uno scenario senza accordo.
Il nodo irlandese aumenta le incertezze attorno alle già deboli possibilità che l’intesa sia approvata dai parlamentari e ci ricorda che l’uscita del Regno Unito dall’Ue non è una questione soltanto economica. Il quotidiano britannico The Guardian ha riportato che circa 1.000 poliziotti inglesi e scozzesi si starebbero preparando ad andare in Irlanda del Nord in caso l’accordo faticosamente raggiunto dalla premier May sia bocciato dalla Camera dei Comuni.