Boris Johnson ha rotto gli indugi e concesso nei giorni scorsi la sua prima intervista quale candidato alla leadership dei Tories e, quindi, alla premiership. Abituato alle dichiarazioni shock miste a gaffes, anche stavolta il 54 enne biondo platinato ex ministro degli Esteri nello stesso gabinetto May e favorito numero uno alla sua successione, non tradisce uno stile consolidato.
“Quei 39 miliardi di sterline sono nostri e sono il miglior strumento per convincere gli europei a concederci un buon deal”, aveva detto Johnson al Sunday Times, domenica, annunciando l'intenzione di trattenere quei 40 miliardi di euro, dovuti da Londra a Bruxelles quale riparazione per gli accordi finanziari già presi, fino a quando Consiglio Europeo e Commissione non si accorderanno a più miti consigli sui temi cari a brexiters, in primo luogo sul confine tra Irlanda del Nord e Repubblica d'Irlanda.
Peccato che l'annuncio di Johnson, che suona bellicoso e ha gonfiato il petto degli hard brexiters, sia ancora una volta poco più che una sparata. Primo perchè il parlamento britannico non ha ancora ratificato l'accordo della May con l'UE – e quindi quei 39 miliardi sono ancora sulla carta – e secondo perché, già allo stato attuale di accordo “sospeso” in attesa di ratifica, il “trattenimento forzoso” di quei soldi sarebbe “illegale”. A usare questo termine è stato un alto funzionario della commissione, intervistato con la garanzia dell'anonimato dallo stesso Sunday Times, pochi minuti dopo la dichiarazione di The Boris. Un super fact checking di marca anglosassone.