L’attesa è giunta al termine. Il nome del nuovo leader conservatore e neo premier britannico è quello che i pronostici davano in pole position: Liz Truss, l’attuale ministro degli Esteri del governo uscente guidato da Boris Johnson, travolto dagli scandali e rimosso da una ‘congiura di palazzo’ tutta interna ai Tories.
Di lei i critici sostengono: dice quello che gli altri vogliono sentire e cambia idea a seconda di dove soffia il vento. Un trasformismo che le ha consentito di fare carriera. Con David Cameron prima, Theresa May e Boris Johnson poi, ha ricoperto praticamente tutte le caselle dell’esecutivo: dall’Istruzione all’Ambiente, dalla Giustizia al Commercio internazionale, dalle Pari opportunità agli Affari esteri.
La sua è stata una campagna elettorale aggressiva che ha indotto alcuni commentatori a paragonarla a Margaret Thatcher, prima ministra conservatrice in carica dal 1979 al 1990. Un paragone che Truss probabilmente accetta con piacere ma che complica le prospettive dei rapporti con l’Ue. Truss ha detto di voler far scattare l’articolo 16 che sospende il protocollo sull’Irlanda del Nord. Una mossa che innescherebbe nuove controversie e un generale peggioramento delle relazioni tra Londra e Bruxelles.
Il Regno Unito intanto, alle prese con la più grave crisi economica degli ultimi 40 anni, si prepara ad affrontare un duro inverno. Il tasso di inflazione, aggravata anche dalla Brexit, è oltre il 10%, il più alto tra i paesi del G7. Oltre al livello dei prezzi al consumo e al quasi certo scontro con Bruxelles, sono due i nodi principali che non sarà facile per Truss gestire: la promessa riduzione delle tasse e le mai sopite istanze indipendentiste in Scozia e Irlanda del Nord.
Il Regno Unito è a un bivio, considerando anche che le prossime elezioni sono previste per il 2025. La neo premier thatcheriana riuscirà a resistere così a lungo e soprattutto a portare avanti il suo programma? Oppure per il Regno Unito è ora aumentato il rischio di subire la secessione della Scozia e la riunificazione delle due Irlande, oltre alla definitiva rottura dei rapporti con l’Ue?