Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha respinto domenica sera l'ultimatum di alcuni Paesi europei (Germania, Spagna, Portogallo, Olanda e Regno Unito, ai quali poi si è aggiunta l’Austria) che hanno espressamente chiesto di organizzare nuove elezioni presidenziali, minacciando di riconoscere il leader dell'opposizione come presidente ad interim.
Maduro ha detto di non essere un “codardo” e si è reso disponibile a convocare nuove elezioni parlamentari, ma ha respinto la richiesta di nuove presidenziali. La ministra francese Loiseau ha bollato la concessione come "una farsa".
Le modalità della possibile transizione alla presidenza venezuelana saranno oggetto, il 7 febbraio, della prima riunione del gruppo internazionale, che si terrà a Montevideo, e riunirà l'Ue e otto dei suoi Stati membri (Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito) e alcuni Paesi dell'America latina (Bolivia, Costa Rica, Ecuador e Uruguay).
Intanto arrivano ancora attacchi a Maduro da parte di Donald Trump. A una domanda durante un'intervista televisiva a proposito della possibilità che gli Stati Uniti considerino l'uso della forza in Venezuela, il presidente americano non ha smentito ma ha detto: "È un'opzione".
Scontri si erano temuti sabato scorso, quando sono scese in strade le due anime del Paese. Una marea umana per appoggiare Juan Guaidò e chiedere a gran voce l’uscita di scena di Maduro in una giornata che ha visto la polizia restare a guardare, senza intervenire. Ma il presidente venezuelano sembra non voler mollare e, riferendosi all’eventualità di essere rimosso con la forza, ha detto: “Potranno recidere un fiore. Ma non fermeranno la primavera”.