Peggio della Norvegia, ma meglio della Germania. L’Italia delle grandi società quotate in Borsa, quanto a parità di genere, ha fatto progressi. Non è in testa alla classifica dei 17 paesi europei, ma si piazza nelle parte alta della graduatoria del 2020: al numero 6, con una performance appena superiore alla media europea. La superano Norvegia, Francia, Gran Bretagna, Finlandia e Svezia, ma nel vecchio continente c’è chi fa peggio: dai Paesi Bassi al Belgio, dalla Danimarca alla Spagna per arrivare fino alla Germania che si piazza al 12° posto. Svizzera e Polonia in coda.
A stilare la graduatoria è Ewob (European Women on Boards). L’associazione promuove la parità di genere ai vertici aziendali e monitora la situazione guardando all’indice di borsa Stoxx Europe 600, cui fanno parte le prime 600 società europee per capitalizzazione.
I fatti dicono che, nella media europea, l’equilibrio di genere fa passi avanti, ma ancora stenta a farsi strada. Solo il 6% delle società dell’indice ha al vertice una donna (46 Ceo in tutto ), e solo in 130 aziende (il 19%) le donne rivestono un ruolo di primo piano come amministratore delegato o direttore operativo.
L’Italia se la cava, ma il potere non è affatto in mano alle donne. Il nostro paese registra la seconda percentuale più alta in Europa quanto a presenze nei cda e nei consigli di sorveglianza (22%) e raggiunge il 45 % di presenza femminile nei comitati di gestione e di controllo. Ma sulla leadership la strada è ancora lunga: fra i gruppi italiani quotati allo Stoxx Europe 600 c’è solo il 4% di donne Ceo a fronte del 21% della Norvegia.