In Birmania la repressione armata è sfociata (mercoledì) in un bagno di sangue, il più grave dall’inizio delle proteste: almeno 38 persone sono state uccise in diverse città nel Paese, diventate ormai un campo di battaglia quotidiano dove la polizia fa fuoco su migliaia di manifestanti disarmati che protestano contro il golpe, nonostante i molteplici appelli della comunità internazionale.
Il drammatico bilancio odierno delle vittime, annunciato dall’inviato dell’Onu, giunge in scia a un altro weekend di sangue.
Mentre su Internet i birmani implorano il mondo di aiutarli contro il pugno di ferro del nuovo regime, i militari mostrano ogni giorno di più di essere disposti a uccidere giovani innocenti pur di rimanere al potere.
Il generale golpista Min Aung Hlaing si è dimostrato finora sordo a qualsiasi appello internazionale. Anche le minacce di sanzioni da parte di Stati Uniti e Unione europea sono state finora inutili.