Decine di migliaia di persone, al grido di ‘Black Live Matter’ e ‘I can’t breathe’, stanno manifestando in tutti gli Stati Uniti contro il razzismo e le brutalità della polizia. In molte città va in scena il rito di inginocchiarsi per 8 minuti e 46 secondi, esattamente il tempo durante il quale un poliziotto di Minneapolis ha tenuto il suo ginocchio premuto sul collo di George Floyd uccidendolo.
Le marce più attese sono state registrate a Washington, dove la protesta più che in ogni altra città viene sentita anche come una sfida al presidente Donald Trump, e New York. Folle anche a Chicago, Philadelphia, Atlanta, Miami, Los Angeles, Seattle, Denver, e Minneapolis.
Trump è diventato presidente cavalcando la spaccatura ideologica e culturale degli Usa. E ora i violenti fanno il suo gioco, perché gli consentono di presentarsi come il protettore della legge e dell’ordine.
Le manifestazioni di questi giorni tuttavia dimostrano che la protesta sta diventando un movimento globale, che va ben oltre le violenze della polizia contro Floyd e gli altri. Esprime un malessere dalle radici profonde, nelle tensioni razziali, ma anche nelle disuguaglianze sociali.
La morte di George Floyd riuscirà a trasformarsi in un movimento politico?