Lo scorso 4 luglio, il giorno dell’indipendenza, i cieli degli Stati Uniti si sono accesi di fuochi d’artificio che celebravano la tradizione di libertà e democrazia del paese. Ma intanto i repubblicani continuano a sconfessare quella tradizione e cercano di sabotare il ‘For the people act’, una riforma per ampliare il diritto al voto e limitare i finanziamenti privati alle campagne elettorali.
Nel frattempo l’organizzazione non profit newyorchese Brennan center for justice ha fatto sapere che tra l’inizio di gennaio e la metà di maggio almeno 14 stati hanno approvato 22 leggi che limitano l’accesso al voto, il che ha messo gli Stati Uniti “sulla buona strada per fare molto peggio di quanto abbiano fatto negli ultimi tempi in tema di soppressione del voto”. Un altro rapporto di tre associazioni che si occupano di diritto di voto ha elencato 24 leggi approvate in 14 stati nel 2021 che permetteranno ai parlamenti statali di “gestire le elezioni in modo criminale”. Ma è vero anche il contrario: il Brennan center ha individuato almeno 28 proposte di legge che aumentano l’accesso al voto, firmate in 14 stati.
L’elemento che contraddistingue la situazione statunitense non è dunque la regressione, ma la polarizzazione. “Stiamo diventando una società a due livelli per quanto riguarda il voto - ha detto di recente Ari Berman, autore del libro ‘Give us the ballot. The modern struggle for voting rights in America’ -. È facile votare in alcuni stati, cioè in quelli più democratici. Ed è difficile, o sta diventando più difficile, votare in uno stato repubblicano.”
Gli osservatori stranieri hanno capito che la democrazia multietnica negli Stati Uniti è un fiore che cresce su un terreno fragile. “È ridicolo dire che gli Stati Uniti sono la più antica democrazia del mondo – spiega Staffan Lindberg, direttore del Varieties of democracy institute, un centro di ricerca dell’università di Göteborg -. Sono diventati democratici solo dopo il movimento per i diritti civili degli anni sessanta. In questo senso, sono una democrazia giovane, come il Portogallo o la Spagna”.
Una società che dà valore alla democrazia e alla partecipazione politica non avrebbe progettato un sistema come quello statunitense. Secondo il politologo cileno David Altman, “il sistema dei grandi elettori, che serve a scegliere il presidente, è un’istituzione preistorica”. E riguardo al ruolo dei soldi nei finanziamenti delle campagne elettorali Altman aggiunge: “Sembra più simile a una plutocrazia”.
In tal contesto, i repubblicani hanno capito cosa rischiano: di ritrovarsi in un paese democratico, dove la scarsa popolarità delle loro idee li esporrebbe a pesanti conseguenze elettorali.