Geert Wilders, il leader islamofobo di estrema destra che ha vinto le elezioni legislative nei Paesi Bassi a novembre, non sarà primo ministro. Lo ha annunciato lui stesso mercoledì, con un post su X per presentarsi come vittima di un complotto, dopo una riunione tra i leader dei quattro partiti che da mesi stanno negoziando per formare una maggioranza all’Aia.
Oltre a Wilders, ci sono i liberali conservatori di Dilan Yesilgöz, il Nuovo contratto sociale di Pieter Omtzigt e il Movimento civico contadino di Caroline van der Plas. Lo “scout” Kim Putters, che sta conducendo le trattative, ha detto che i quattro sono pronti a fare il “prossimo passo”. L’ipotesi è un governo “extraparlamentare” (in Italia lo chiameremmo “tecnico”), con un programma minimo incentrato su temi come l’immigrazione e le finanze pubbliche.
Nella democrazia olandese sarebbe una novità, ma compatibile con un sistema in cui il Parlamento è molto forte, capace di dettare le politiche all’esecutivo, anche contro le posizioni del primo ministro.
Wilders ha accusato i futuri alleati di trattamento “ingiusto” e “costituzionalmente scorretto” per non averlo voluto premier. Ma i Paesi Bassi sono una democrazia parlamentare e con il 23,5 per cento non si acquisisce il diritto automatico a essere premier. Soprattutto se le idee portate avanti sono così estreme da spaventare persino gli alleati.