Nonostante sia stata annunciata la rinascita dell’Emirato Islamico in Afghanistan, il gruppo fondamentalista dei talebani sta tentando di presentarsi al mondo con un volto più moderato, nella speranza di ottenere un riconoscimento sul piano delle relazioni internazionali e della diplomazia.
È in tale cornice che sono da collocare le ultime dichiarazioni dei fondamentalisti islamici. I talebani sono ben consapevoli della percezione che il popolo afghano, nonché la comunità internazionale, ha di loro (“Non vogliamo nemici interni o esterni”, ha detto il portavoce Zabihullah Mujahid). Ed è per questo che stanno tentando di ‘rassicurare’ la popolazione, preoccupata che il cambio di potere possa far tornare l’Afghanistan indietro di 20 anni.
Il gruppo fondamentalista ha promesso, oltre alla stop alla produzione di droga, moderazione nelle seguenti questioni: l’amnistia (per chi ha lavorato con le truppe occidentali), la protezione dei civili, l’inclusione delle donne nelle strutture governative e l’istruzione alle ragazze.
In tale quadro, occorre ricordare che, dal 1996 al 2001, il governo dei talebani era noto per essere tra i più oppressivi al mondo. All’epoca, esecuzioni pubbliche e lapidazioni contro i trasgressori delle norme erano all’ordine del giorno. Sotto il loro regime era imposta una rigorosa e rigida interpretazione rigorosa della Sharia e della legge Islamica. Pertanto, alle donne era vietato lavorare e apparire in pubblico senza alcuna copertura integrale e senza scorta maschile. Inoltre, alle giovani ragazze era vietato frequentare la scuola.
Ma ora sembrano voler voltare pagina. E la nuova strategia talebana ha già portato dei frutti: Cina, Turchia e Russia hanno fatto capire che potrebbero accettare (senza remore) la presa al potere dei talebani. Il che non stupisce più di tanto. Suonano, tuttavia, come inaspettate le parole di Josep Borrell. Il massimo diplomatico dell’Unione europea ha detto che l’apertura di un canale di comunicazione con i talebani è l’unica via da seguire. “Hanno vinto la guerra. Dovremo quindi parlare con loro - ha spiegato Borrell - per avviare al più presto un dialogo ed evitare una catastrofe, un potenziale disastro migratorio, ma anche una crisi umanitaria”.