Il recupero di metalli dall'elettronica di consumo dismessa è molto più economico che la loro estrazione dalle miniere. Oggi uno dei più grandi problemi del pianeta è l'e-waste, la spazzatura digitale che si accumula ed è difficile da smaltire: nel solo 2016 il mondo ha prodotto 44,7 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, l’equivalente di 4.500 Torri Eiffel.
Solo il 20% di quell'enorme mole di e-waste è stato correttamente riciclato: dunque l’80% è stato semplicemente incenerito liberando nell'atmosfera fumi tossici e riversando agenti inquinanti nel suolo e nelle acque.
Le apparecchiature elettroniche dismesse potrebbero essere letteralmente delle miniere d’oro, perché contengono metalli preziosi e i consumatori acquistano ogni anno 1,7 miliardi di dispositivi. Per fare un rapido calcolo, in appena un milione di pezzi si possono trovare complessivamente 75 libbre di oro, 35.000 di rame e 772 di argento.
I ricercatori della Tsinghua University di Pechino e della Macquarie University di Sydney hanno condotto uno studio per capire se l’estrazione di questi metalli sia economicamente conveniente, raccogliendo dati da otto grandi aziende di riciclo dei rifiuti in Cina e calcolando i costi di estrazione di oro e rame dai televisori dismessi. Tenendo conto anche delle sovvenzioni governative per il riciclo e dalla vendita di componenti recuperati i ricercatori hanno concluso che estrarre metalli preziosi dalle miniere è 13 volte più costoso che non farlo dall’e-waste.
Se le aziende si rendono conto di poter monetizzare così tanto dal recupero di metalli preziosi contenuti nell'elettronica dismessa il problema dei rifiuti con queste caratteristiche potrebbe essere affrontato più compiutamente. La Cina è il maggior produttore al mondo di e-waste e molte aziende stanno fiutando l’affare per entrare nel business dell’estrazione mineraria direttamente dalle apparecchiature elettroniche buttate via.