L'Indonesia si prepara a rispedire in Australia dal porto di Surabaya 210 tonnellate di rifiuti contaminati in otto container arrivati il mese scorso, che avrebbero dovuto contenere solo carta e cartone da riciclare.
Le autorità doganali hanno trovato, invece, bottiglie, imballaggi e fogli di plastica, barattoli, pannolini usati e rifiuti elettronici, mescolati con balle di carta e cartone. In seguito alle ispezioni, il ministero indonesiano dell'Ambiente ha deciso che, oltre alla plastica, anche "i rifiuti tossici e pericolosi saranno riesportati". Giacarta dunque si ribella. E non è la prima volta. Nei giorni scorsi l’Indonesia ha rimandato 49 container in Francia e altri paesi avanzati. E non è neanche l'unico paese.
La decisione di Pechino, nel gennaio 2018, di mettere al bando importazioni rifiuti plastici ha infatti gettato nel caos i processi globali del riciclo, lasciando i Paesi sviluppati in difficoltà nel trovare nuove destinazioni per i propri rifiuti.
Ecco perché ingenti quantità sono state dirette verso i paesi del Sud-Est asiatico, dove però sale l'opposizione verso il trattamento dei rifiuti provenienti da altri Paesi: lo scorso maggio la Malesia ne ha rispediti indietro alcune tonnellate inviate da paesi come Usa, Australia, Canada, Cina, Giappone, Arabia Saudita e Bangladesh.
L'idea di sfruttare i paesi poveri come discarica di quelli ricchi è vicina al capolinea.