DJI, il leader mondiale dei droni, ha annunciato la sospensione delle operazioni commerciali in Russia e Ucraina, diventando la prima azienda hi-tech cinese ad adottare una simile decisione dall’invasione delle truppe di Mosca ai danni di Kiev.
"DJI sta rivalutando i requisiti di conformità nelle varie giurisdizioni", ha spiegato la società in una nota, rilevando che nell’attesa, “DJI sospenderà in via temporanea tutte le attività commerciali in Russia e Ucraina”. Pechino non ha ancora condannato l’invasione e le aziende cinesi sono rimaste in silenzio su come gestire l’impatto delle sanzioni contro la Russia di Usa, Ue e alleati.
DJI ha affrontato a marzo le pesanti critiche dell’Ucraina che ha accusato l’azienda di Shenzhen di aver consentito alle forze russe di utilizzare la sua tecnologia nelle operazioni militari, anche contro i civili, come rimarcato in un tweet dal vicepremier Mykhailo Fedorov.
Nel mirino era finito il sistema AeroScope, che consente agli utenti di rilevare e monitorare i droni nelle sue vicinanze, commercializzato come uno strumento per proteggere strutture sensibili come aeroporti e carceri. Kiev ha denunciato che il sistema è stato usato dalla Russia per guidare i suoi missili.
La società, che aveva respinto seccamente ogni addebito, era stata presa di mira in precedenza dagli attivisti per i diritti umani per l’aiuto fornito - secondo le accuse - agli sforzi di sorveglianza nello Xinjiang, la regione cinese di nordovest, dove si stima ci siano un milione di uiguri e altre minoranze musulmane in stato di detenzione nell'ambito di un’ampia repressione della sicurezza. A dicembre, il Dipartimento del Tesoro Usa ha sanzionato la società, vietando investimenti nell’azienda nonostante non sia quotata.