Tutta l'attenzione è stata concentrata sulla notizia data nei giorni scorsi in pasto ai media da Amazon sui 100 milioni di utenti del servizio "prime". Un traguardo record per l’abbonamento lanciato nel 2005, che in Italia costa 36 euro all'anno (era 19 euro fino a poche settimane fa) a fronte dei 99 dollari necessari negli Stati Uniti. Prevede che gli ordini siano recapitati gratuitamente entro due giorni.
Ma l’altra metà della mela ha un sapore più amaro: 28.446 dollari annui è il salario mediano annuale offerto dal colosso Usa ai propri dipendenti. Il ceo di Amazon, Jeff Bezos, è sì la persona più ricca del mondo, ma, come negli anni precedenti, non ha ricevuto un bonus azionario e si è assegnato una retribuzione di 81.840 dollari.
Ciò che impressiona di più è l’analisi quantitativa. Amazon è ora il secondo datore di lavoro privato negli Stati Uniti dietro Walmart. Bezos ha detto di aver creato direttamente più di 130 mila posti di lavoro nel 2017. Il punto debole è la qualità dei posti creati. Nel calcolo del salario mediano pesano gli oltre 560 mila impiegati di Amazon che lavorano nei magazzini e centri di distribuzione. Se l’azienda avesse diffuso la media, il valore sarebbe stato distorto dalla bassa quota di addetti con un salario elevato.
Sebbene Bezos si sia sforzato di spiegare che il gruppo sta assumendo lavoratori sempre più qualificati, dagli scienziati dell’intelligenza artificiale agli specialisti del packaging, il lavoro creato da Amazon resterà tendenzialmente a bassa formazione. Un colosso hi-tech ma con una forza lavoro poco qualificata: è questa la fortuna di Amazon?