“The Economist” chiude l’edizione in lingua cinese

Il settimanale britannico chiuderà la sua applicazione in Cina nove anni dopo il suo lancio

“The Economist” chiude l’edizione in lingua cinese

Uno degli ultimi media stranieri disponibili in Cina ha deciso di interrompere la sua versione in lingua cinese. La rivista britannica The Economist ha annunciato lo scorso 28 febbraio che la sua applicazione The Economist Global Business Review (comunemente nota come “GBR”) cesserà di essere pubblicata a partire dal 31 maggio. Lanciata nel 2015, la pubblicazione ha tradotto in mandarino una selezione di articoli della rivista che potrebbero interessare i lettori locali.

Evitando argomenti delicati sulla Cina, questa applicazione riservata agli abbonati è riuscita a sfuggire alla censura, che blocca l’accesso alla maggior parte dei siti web stranieri in Cina, da Google a Facebook e alla maggior parte delle testate giornalistiche. Gli altri media occidentali che offrono una versione cinese, come ad esempio il New York Times, il Wall Street Journal e la BBC, sono tutti ufficialmente bloccati nella seconda economia al mondo.

In un breve comunicato stampa rivolto ai suoi lettori, la testata britannica non motiva la sua decisione. Ma secondo una fonte interna, sembra che sia stata causata sia da ragioni economiche (successo commerciale limitato) che politiche. Le nuove regole annunciate da Pechino nell’agosto 2023 richiedono che tutti i creatori di applicazioni mobili si registrino presso il Ministero dell’Industria e della Tecnologia dell’Informazione, un processo che rafforza il controllo delle autorità cinesi su tali applicazioni.

La decisione potrebbe anche essere economica: se i conti dell’Economist raccolgono più di 2,3 milioni di abbonati sul social network Weibo, simile a X, e circa 1 milione su WeChat, solo poche decine di migliaia di persone hanno pagato i 488 yuan (62,70 euro) richiesto per un abbonamento annuale.

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