È cominciato lunedì 10 settembre a Braunschweig, in Germania, un processo importante. L’imputato a giudizio è la prima casa automobilistica al mondo, Volkswagen. Partito dallo scandalo dieselgate, il procedimento giudiziario potrebbe costare al colosso dell'auto fino a 9 miliardi di euro.
Una delle accuse principali è di non aver informato in tempo i mercati sulla truffa commessa alterando i dati sulle emissioni dei gas di scarico.
Tutto inizia quando l'8 settembre 2015 l'Environmental Protection Agency statunitense diffonde la notizia sulla manipolazione delle emissioni. Quel fatidico giorno le azioni Volkswagen precipitano del 37% rispetto alle 24 ore precedenti.
Circa due settimane dopo il gruppo tedesco ammette - a porte chiuse difronte ai funzionari Usa - di aver installato software manipolati su circa 11 milioni di veicoli diesel in tutto il mondo. Scoppia una crisi dalle conseguenze inaspettate.
Gli avvocati difensori sostengono che l’azienda aveva definito anni prima i nuovi limiti imposti dall’Ue sui gas di scarico "non raggiungibili". Tesi debole, visto che in tal caso la casa automobilistica avrebbe dovuto informare immediatamente il mercato azionario. Cosa, evidentemente, non avvenuta.
Il verdetto è atteso per il prossimo anno.