L'Ue dà via libera alle nozze da 62,5 miliardi di dollari tra Bayer e Monsanto. Ma è un sì ad una condizione: il gruppo tedesco dovrà cedere parte dei propri asset allo scopo di rafforzare i concorrenti.
In realtà Bayer ha già raggiunto con l’azienda chimica Basf un accordo da 7,2 miliardi di dollari. In particolare, la multinazionale con sede a Leverkusen dovrà cedere buona parte del settore sementi tra cui quelle del cotone e della soia e l’intero comparto ortofrutta, della piattaforma di ricerca per il grano ibrido e di alcuni erbicidi a base di glifosato.
La fusione, che ha fino ad ora ottenuto il via libera da 30 autorità nazionali (la metà di quelle richieste), darà vita a un gruppo che controlla da solo 1/4 del mercato dei semi e dei pesticidi mondiali. E concentra nelle mani di tre multinazionali il 75% del settore a livello globale: oltre al neonato Bayer-Monsanto gli altri due big sono Chemchina-Syngenta e Dow-Dupont.
I mercati hanno apprezzato la fusione e le azioni Bayer hanno guadagnato l’1,3%. Per il nuovo gruppo la strada appare sempre più in discesa: si prevede un fatturato di circa 20,6 miliardi di euro nel 2017, sopra Chemchina-Syngenta con una stima di 14,5 mld, Dow-Dupont con circa 12,7 mld. La novità è Basf con 7,7 mld.
Ad essere meno contente sono le associazioni ambientaliste che condannano il nuovo oligopolio e accusano Bayer e Monsanto in particolare su Ogm e glifosato. In effetti il potere di mercato di Bayer resta preoccupante, con molti agricoltori che temono un incremento dei prezzi, e anche la condizione di cedere asset a Basf non ha intaccato la strategia del colosso di Leverkusen.
Sebbene Bayer abbia accettato la richiesta dell’Ue di rinunciare a 2,2 miliardi di dollari di vendite, molto più degli 1,6 mld previsti inizialmente dal gruppo, è allo stesso tempo poco più (2 mld) della penale che avrebbe dovuto pagare a Monsanto in caso di mancata approvazione dall’Antitrust europea.
A volte le sconfitte non sono poi così male.