Il tasso di disoccupazione a maggio è sceso sotto la soglia psicologica del 10% dopo sette anni è indubbiamente una buona notizia. Occorre, tuttavia, ricordare che si tratta di un dato mensile. Ancora più robusto è il tasso di occupazione delle persone tra i 15 e i 64 anni è arrivato al 59%, il livello più alto da quando sono disponibili le serie storiche (1977).
Negli altri paesi europei, salvo Grecia e Spagna (anche la Francia resta su livelli di disoccupazione strutturalmente alti con l’8,6%), si parla di piena occupazione. Anche in termini di occupazione, il 59% corrisponde “soltanto” a 23 milioni di occupati in un paese di 60 mln di abitanti, cosicché l’Italia resta al penultimo posto nell’Ue davanti alla Grecia.
Vista la crescita anemica del Pil degli scorsi 20 anni è difficile pretendere di più. Continua così la “productless recovery” italiana, cioè una ripresa senza prodotto e, soprattutto, senza produttività. In termini di ore lavorate, ad esempio, siamo ancora ben lontani dai livelli pre-crisi. Il tempo parziale involontario è raddoppiato nei dieci anni passati dall’inizio della crisi. E i salari, come la produttività del lavoro, rimangono al palo. La distanza tra il tasso di occupazione degli uomini (68,1%) e quello delle donne (50%), poi, è enorme.
Restano, dunque, sfide importanti sul campo. Tuttavia, esser nuovamente scesi sotto la soglia del 10% mostra che, anche quando i ritardi economici e sociali italiani sembrano irrecuperabili, è comunque possibile far meglio.