Il blocco dei licenziamenti resta fissato al 30 giugno: salta la proroga al 28 agosto per le aziende che avessero chiesto la cig Covid dall’entrata in vigore del decreto Sostegni bis entro la fine del prossimo mese. Confermata invece la possibilità per le imprese di utilizzare la cassa integrazione ordinaria, dal primo luglio, senza dover pagare le addizionali fino alla fine del 2021 con l’impegno a non licenziare per tutto il periodo in cui ne usufruiranno.
In estrema sintesi Confindustria, che si era scagliata contro la proroga, batte il ministro del Lavoro 1 a 0. In realtà è un partita che vede solo sconfitti. Tra favorevoli e contrari quasi nessuno sembra aver compreso il problema maggiore. “Il blocco dei licenziamenti selve solo a rinviare il problema. E come mettere le persone interessate in freezer. Ma ogni mese che passa il problema di queste persone si aggrava: tutti gli studi mostrano che più lungo è il periodo di inattività, più difficile è il reinserimento nel tessuto produttivo”. A parlare così su Libero è Pietro Ichino, esperto di lavoro con un passato nell’Azione Cattolica, nella Cgil, e nel Pd, autore di una serie infinita di articoli e saggi in tema di politiche per l’occupazione, sindacati e diritto del lavoro, materia che insegna all’Università di Milano.
Il punto focale non è dunque fino a quando spostare in avanti l’asticella del blocco dei licenziamenti. Ma il fatto che nulla o quasi è stato nel frattempo messo in campo per gestire e tamponare l’emorragia di licenziamenti che sarà inevitabile: il governo avrebbe dovuto investire sulle politiche attive per ricollocare sul mercato i numerosi lavoratori che perderanno il posto di lavoro. Avrebbe dovuto, ma nulla è stato fatto in tal senso.