Lavorare meno, lavorare tutti. La giovane premier finlandese, Sanna Marin, torna a sventolare una storica bandiera della socialdemocrazia scandinava (e non solo) in tempi di Covid19. E rilancia l’obiettivo di una riduzione dell’orario di lavoro, a parità di salario, dalle attuali 8 ore giornaliere fino a 6.
Le parole della leader finlandese hanno avuto un eco internazionale e sono state riprese fra gli altri dai media del Regno Unito, in una fase nella quale molti governi - persino quello conservatore britannico del post thatcheriano Boris Johnson - sembrano aver riscoperto le virtù delle ricette keynesiane dopo anni e anni di predominio della vulgata neoliberale.
“Serve una visione chiara e una roadmap concreta per puntare a una giornata lavorativa più breve e a un miglioramento della qualità della vita dei lavoratori - ha affermato Marin -. Il traguardo di un accorciamento dell'orario di lavoro non va accantonato e non è in conflitto con quello di assicurare un tasso occupazionale elevato e la solidità dei conti pubblici”. A una condizione: “Di impegnarsi, come società, come aziende e come dipendenti, a incrementare la produttività”.
“Ridurre gli orari e migliorare la condizioni di lavoro è del resto un modo per distribuire più equamente le ricchezze", ha concluso la 35enne premier finnica.