Un numero “sbalorditivo” di lavoratori è esposto ai rischi sanitari legati alla crisi climatica e non è sufficientemente protetto dalle normative esistenti, avvertono le Nazioni Unite.
La crisi climatica causata dalle attività umane sta avendo gravi conseguenze sulla salute dei lavoratori in tutto il mondo, evidenzia l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) in un rapporto intitolato ‘Garantire la sicurezza e la salute sul lavoro nell’era del cambiamento climatico’.
Secondo l’Ilo, quasi il 71 per cento della forza lavoro globale, cioè 2,4 miliardi di persone, rischia di essere esposto a temperature eccessive (la stima è basata su dati del 2020). Vent’anni prima la percentuale era del 65,5 per cento.
Oltre alle ondate di caldo, i lavoratori agricoli, stradali, del settore edile e altri che svolgono lavori faticosi all’aperto (in realtà il problema riguarda anche coloro che operano al chiuso in ambienti troppo caldi o poco ventilati) sono esposti a una serie di rischi, tra cui raggi ultravioletti, inquinamento atmosferico, pesticidi e malattie trasmesse da insetti (tra cui malaria e dengue).
In particolare, 1,6 miliardi di lavoratori sono esposti ai raggi ultravioletti (radiazioni elettromagnetiche emesse dal Sole), con almeno 18.960 decessi all’anno per tumori della pelle non-melanoma (una differenziazione resa necessaria dall’idea molto diffusa che, in fatto di tumori cutanei, si debba porre attenzione soltanto al melanoma; esistono invece diversi tumori cutanei legati a una non corretta e cronica esposizione al sole).