I titoli di Stato, ovvero il principale strumento di investimento dei fondi pensionistici, non sono più profittevoli.
L’Olanda è una delle prime vittime della crisi previdenziale che riguarda in realtà tutta l’Europa (e non solo). Sebbene il sistema pensionistico del Paesi Bassi sia considerato uno dei “migliori” a livello europeo, sta ora affrontando un grave deficit di bilancio.
Infatti, i fondi pensionistici olandesi sono tenuti a stimare in maniera rigida i rischi correlati agli asset acquistati. E la parte del leone fino a ora è stata assunta dai titoli sui debiti pubblici delle economie avanzate, considerati affidabili (nel lungo periodo) e dalla sicura remunerazione.
La macchina ha girato fino a quando la politica superaccomodante della Banca centrale europea non ha finito per spingere i tassi di interesse in territorio negativo. Motivo per il quale i fondi stanno oggi perdendo.
E a questo punto ci vuole una cura da cavallo. Per uscire dalla trappola degli interessi negativi, “i contributi pensionistici andrebbero incrementati del 30%”, ha calcolato Shaktie Rambaran Mishre, presidente della Federazione pensionistica olandese che rappresenta ben 197 fondi. “In caso contrario circa 2 milioni di persone registrerà una riduzione delle prestazioni pensionistiche già il prossimo anno”. Lo scenario è dunque quello di una sensibile riduzione dei salari.
Ma il problema, come detto, non è soltanto olandese: riguarda tutte le economie avanzate. L’unica salvezza per i fondi pensionistici è penetrare nuovi mercati e andare alla ricerca di asset più rischiosi capaci di offrire un maggiore rendimento.
In Svizzera hanno provato a metterci una pezza, puntando sull’immobiliare. Così, al riparo dai tassi negativi e dal calo dei rendimenti delle obbligazioni, i fondi pensionistici svizzeri quest’anno hanno investito nell’immobiliare il 24% del capitale (fino a pochi anni fa una quota di investimento in questo settore considerata “normale” sarebbe stata intorno al 10%). La legge elvetica, tuttavia, permette ai fondi di investire nell’immobiliare non più del 30% dei propri asset.
Di qui a poco gli svizzeri raggiungeranno tale soglia e, a quel punto, non resterà che guardare ai titoli del debito pubblico russi e cinesi. In realtà la tendenza è già in atto. I fondi previdenziali delle economie avanzate stanno diventando i principali acquirenti dei titoli emessi da Pechino e Mosca.
Ecco allora che i pensionati occidentali si ritrovano a finanziare, più o meno consapevolmente, Cina e Russia.