La dinamica della produttività nell’ultimo ventennio è rallentata in gran parte delle economie avanzate, ma in Italia è risultata stagnante, con un divario crescente rispetto ai partner dell’Eurozona. Nel 2019, nel nostro Paese, il volume del valore aggiunto per ora lavorata è stato superiore di appena l’1,5% al livello del 2010, a sua volta quasi identico a quello del 2000. Per l’Uem nel suo insieme, il medesimo indicatore è aumentato tra 2010 e 2019 del 9,7%.
L’andamento registrato nel 2020, una crescita dell’1,7% nel nostro Paese a fronte di un lieve calo nelle altre maggiori economie europee, costituisce un’anomalia connessa alle particolari misure di protezione dei posti di lavoro in occasione della crisi, che hanno facilitato una riduzione dell’orario pro capite senza i normali costi di aggiustamento presenti in fasi di normalità. Questo risultato, tuttavia, non muta la natura delle tendenze di medio periodo che vanno quindi esaminate isolando il rimbalzo dell’ultimo anno.
La stagnazione della produttività può essere vista come il portato, ma anche come possibile causa, della bassa crescita che ha caratterizzato l’economia italiana. Nel 2019, il valore aggiunto totale era largamente inferiore (di circa il 4%) rispetto al massimo raggiunto nel 2007 e superiore dello 0,8% rispetto al 2010, poiché la moderata ripresa del periodo 2015-19 aveva compensato la caduta della recessione di inizio decennio, ma non quella subita nella crisi precedente. Nelle altre grandi economie europee i livelli pre-crisi dell’attività erano invece stati largamente superati: tra il 2010 e il 2019 il valore aggiunto è salito del 10,3% in Spagna, del 12,6 in Francia e del 15,5 in Germania.
Nel periodo compreso tra il 2010 e il 2019, la modesta crescita dell’attività economica si è combinata, nel nostro Paese, a un utilizzo dell’input di lavoro – espresso in termini di ore lavorate (monte ore complessivo) – quasi costante (nel 2019 era dello 0,7% inferiore rispetto al 2010). Negli altri paesi europei, a fronte di un’espansione più robusta dell’economia, si è registrato invece un aumento delle ore di lavoro utilizzate compreso tra quasi il 3% in Spagna e oltre il 7% in Germania. Il valore aggiunto per ora lavorata a confronto col 2010 è così cresciuto del 7,3% in Spagna, dell’8,2% in Francia e dell’8,3% in Germania: performance molto simili tra loro, che sottolineano la dinamica decisamente sfavorevole della produttività per l’Italia (+1,5%).
Alla radice della stagnazione della produttività nel nostro paese c’è anche la mancanza di una spinta dei fattori che influenzano l’efficienza dell’uso delle risorse, riassunti nella misura della Produttività totale dei fattori (Tfp - Total factor productivity), che coglie la dinamica dell’output non attribuibile all’evoluzione dell’input di lavoro o di capitale. Le relative misure fornite dall’Ocse confermano che una parte importante del differenziale negativo di crescita del Pil per ora lavorata registrato per l’Italia è attribuibile alla stagnazione della Tfp: considerando ancora il periodo tra il 2010 e il 2019 emerge che questo fattore è aumentato in maniera marginale nel nostro Paese (+0,4% in termini cumulati), mentre ha segnato incrementi del 2,4% in Spagna (per la quale le misure si fermano al 2018), del 3,3% in Francia e del 6,6% in Germania.