Alla fine le scuse di Samsung sono arrivate. Ma undici anni dopo e solo grazie alla tenacia di un padre Hwang Sang-ki che ha visto nel 2007 morire di leucemia la propria figlia 22enne, Hwang Yumi, dopo essersi ammalata in una fabbrica della Samsung.
È allora che Sang-ki decide di innescare una campagna contro la multinazionale coreana. Dopo oltre un decennio il Gruppo ha riconosciuto le prorie responsabilità, ammettendo di non essere stato in grado di creare un ambiente di lavoro sicuro nelle proprie fabbriche.
Nel corso di una conferenza stampa a Seul il presidente della divisione dispositivi Samsung, Kinam Kim, ha detto che la società non è riuscita a "gestire in modo adeguato le minacce per la salute" nelle sue linee di produzione di semiconduttori e display a cristalli liquidi.
La dichiarazione del colosso coreano arriva a qualche settimana di distanza dall'accordo per un risarcimento (115 mila euro su base individuale), raggiunto tra Samsung e i legali dei dipendenti malati, che ha posto fine allo stallo.
Le famiglie rappresentate da Hwang Sang-ki avevano vinto la battaglia legale nel 2014. E 29 su 95 lavoratori deceduti per tumore o leucemia erano stati ufficialmente riconosciuti come vittime sul lavoro. Giunge ora, tardivamente, l’ammissione e l’annuncio di un’intesa raggiunta.