I numeri sono impietosi: più della metà dei comuni italiani (57,3%) ha perdite idriche totali in distribuzione uguali o superiori al 35% dei volumi immessi in rete. Perdite ingenti, pari ad almeno il 55%, interessano il 25,5% dei comuni. In meno di un comune su quattro (23,8%) le perdite sono inferiori al 25%. È quanto emerge da un report Istat sui numeri del sistema idrico italiano.
Tutto ciò avviene in un paese come l’Italia, il cui popolo ha votato ‘sì’ al Referendum del 2011, promosso dal Forum dei Movimenti italiani, per la gestione pubblica dell’acqua: ma ad oggi nulla è accaduto e l’acqua continua a essere un bene pubblico sul ‘mercato’.
Perché i governi in Italia si dicono spesso pronti a investire miliardi in alcune Grandi Opere (come la Lione-Torino o il Ponte di Messina) e non in un bene così fondamentale come l’acqua? Perché non investire nei 300 mila km di rete idrica in parte fatiscente? Non sarebbe anche questa una Grande Opera?
Peraltro – secondo un’indagine condotta dal Codacons negli anni scorsi - la bolletta dell’acqua costava nel 2020 in media il 60% in più rispetto a 10 anni prima, a causa soprattutto delle tante falle della rete e del fenomeno della dispersione idrica che raggiunge in media il 42% del prelievo totale (la media Ue è pari al 15%).