Italia, crollano le estrazioni di gas e aumenta la dipendenza dall'estero. Eppure esportiamo oro blu

Diminuisce l’uso dei giacimenti a chilometri zero ma bruciamo più metano e lo importiamo dall’estero con un rilevante impatto ambientale. Il contributo del gasdotto Tap, la ripresa dell’Algeria e il fatto che la Russia abbia continuato a esportare verso l’Italia hanno dato disponibilità aggiuntiva e a prezzi competitivi che ha consentito anche il fenomeno dell’export (seppur in piccole quantità).

Gas, crollano le estrazioni e aumenta la dipendenza dall'estero. Ma...

Secondo i nuovi dati della Transizione ecologica, nel 2021 l’Italia ha estratto dai suoi giacimenti nazionali molto meno metano (3,34 miliardi di metri cubi) di quei già pochi 4 mld di metri cubi. Si tratta del 18,6% in meno rispetto al 2020. Si consideri che ai primi anni 2000 l’Italia ne estraeva circa 20 mld di metri cubi l’anno.

Il punto è che al ridursi dell’estrazione (causato dallo svuotarsi dei giacimenti più vecchi e dalla riottosità sociale nei confronti delle cosiddette trivelle) non ha corrisposto la contrazione né dei consumi né delle emissioni che ne derivano.

Al contrario, riduciamo sì l’uso dei giacimenti domestici e riduciamo di conseguenza la manodopera dei lavoratori italiani, ma al tempo stesso bruciamo più metano (76,1 mld di metri cubi, cioè il 7,2% in più) e per farlo lo importiamo dall’estero (72,7 mld di metri cubi, +10%).

A titolo di confronto, secondo alcune stime estrarre il gas in Siberia e comprimerlo per migliaia di chilometri di tubature produce emissioni cinque volte maggiori rispetto alla produzione in zona.

Le due fonti principali di gas per l’Italia sono la Russia (29,06 mld di metri cubi) e l’Algeria (21,16). Il paese africano ha aumentato il flusso, quasi raddoppiandolo dai 12 mld del 2020; ma anche la Russia nel 2021 (è chiaramente una media annuale) ha accresciuto l’invio di metano verso l’Italia.

Terza provenienza con 7,31 mld di metri cubi (+7,5%) è il gas liquefatto sbarcato nel terminale di rigassificazione al largo del delta del Po, controllato da ExxonMobil (70,7%), con Qatar Petroleum (22%) e Snam (7,3%).

E poi nel bilancio del 2021 compaiono i 7,21 mld di metri cubi affluiti dall’Azerbaigian attraverso il Tap, il metanodotto avviato un anno fa. Altre voci sono la Libia, i Paesi Bassi con la Norvegia, i terminali di rigassificazione di Livorno e La Spezia.

Il contributo del gasdotto Tap, la ripresa dell’Algeria e il fatto che la Russia abbia continuato a esportare verso l’Italia hanno dato disponibilità aggiuntiva e a prezzi competitivi che ha consentito anche il fenomeno dell’export.

Quando le quotazioni del metano sul mercato italiano erano leggermente inferiori a quelle particolarmente elevate del mercato europeo, i trader hanno comprato in Italia. Così l’Italia è diventata anche un paese esportatore di gas. Si parla di quantità modeste (1,54 mld di metri cubi), ma indicative.

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