
Nel pieno della guerra commerciale con gli Stati Uniti, la Cina ha bloccato nei giorni scorsi l’esportazione di alcune terre rare, un gruppo di 17 elementi chimici indispensabili per la produzione di tecnologie avanzate, come magneti per veicoli elettrici, turbine eoliche, dispositivi elettronici, droni, robot e missili, tutti elementi fondamentali per l’industria automobilistica, aerospaziale, bellica e dei semiconduttori.
La produzione di terre rare è fortemente concentrata in Cina, che da sola ha coperto oltre due terzi dell’estrazione mondiale. Anche in termini di riserve detiene la quota più ampia, pari al 40% del totale, seguita da Vietnam (20%), Brasile (19,1%), Russia (9,1%), India (6,3%) e Australia (5,2%).
Gli Stati Uniti, pur essendo fortemente dipendenti da queste materie prime, controllano appena l’1,6% delle riserve globali, mentre la Groenlandia, la Tanzania e il Canada detengono quote ancora più ridotte. Il dominio della Cina nell’ambito delle terre rare riguarda anche l’Unione europea, che importa il 99% di queste materie prime proprio da essa.
Un conto è l’estrazione, un altro è la raffinazione. Pechino, al momento, può anche puntare su un altro primato: il 90% delle terre rare a livello globale sono raffinate proprio in Cina.