La transizione ecologica è un percorso irto di ostacoli, come dimostra il caso di una piccola comunità rurale nel nord del Portogallo che si trova “seduta” su una delle più grandi (potenzialmente) riserve di litio d’Europa.
Nel quadro del ‘Green Deal’ - il piano europeo per la sostituzione di fonti energetiche basate su combustibili fossili, come petrolio e carbone, a quelle basate su energie rinnovabili - l’Ue sostiene da tempo piani di estrazione di litio entro i propri confini.
Il litio è il metallo chiave nella transizione tecnologica dalla mobilità tradizionale a quella elettrica in quanto componente fondamentale per la produzione delle batterie. Non a caso è diventato, già oggi, uno dei prodotti più preziosi e ricercati nel mercato mondiale.
Per l’Ue il problema è anche quello di ridurre la dipendenza dai principali produttori di materie prime strategiche che, nel caso del litio, sono Cile, Argentina, Australia e Cina che insieme detengono attualmente circa il 90 per cento della produzione mondiale.
Tutte le tensioni generate da questo scenario globale di trasformazione si scaricano su Covas do Barroso, una ‘freguesia’ nel nord del Portogallo che comprende tre villaggi di poche centinaia di abitanti, la maggior parte dei quali lavora la terra. Negli anni molti se ne sono andati verso le grandi città ma chi è rimasto combatte strenuamente contro il progetto della miniera.
Il Portogallo possiede le maggiori riserve di litio in Europa e, secondo l'ultimo rapporto “Lithium Statistics and Information” del Servizio Geologico degli Stati Uniti, avrebbe l’ottava riserva di litio più grande del mondo, con circa 60.000 mila tonnellate.
“Non capiamo come per ridurre l’inquinamento (producendo il litio per le auto elettriche, ndr) dobbiamo distruggere le foreste, l’ambiente, i corsi d’acqua, la vita delle popolazioni che vivono qui”, attacca Nelson Gomes, presidente dell'Associazione ‘Uniti in difesa di Covas do Barroso’.