La Repubblica Democratica del Congo ha fatto causa ad Apple

Al centro della disputa i cosiddetti ‘minerali di sangue’ (un fenomeno che non è affatto nuovo). Ma la denuncia potrebbe rivelarsi un boomerang

La Repubblica Democratica del Congo ha fatto causa ad Apple

Nei giorni scorsi il governo della Repubblica Democratica del Congo (Rdc) ha presentato una denuncia, in Francia e Belgio, contro Apple, produttrice degli iPhone e di altri dispositivi.

Perché? Al centro di tutto c’è l’uso da parte dell’azienda statunitense (ma vale anche per altri marchi) dei minerali provenienti dall’est del paese, dove sono in corso diversi conflitti che sollevano forti dubbi sulla provenienza, le condizioni di estrazione e la commercializzazione di questi minerali.

Il governo di Kinshasa ritiene che Apple (ma il colosso nega le accuse) sia “complice” del saccheggio delle risorse naturali compiuto dalle milizie. Tra queste risorse ci sono tre minerali utilizzati nella fabbricazione di smartphone e computer: lo stagno, il tantalio e il tungsteno.

È una faccenda complessa. Il governo congolese attacca la multinazionale statunitense, ma il vero obiettivo dell’offensiva è il Ruanda (con cui il paese confina a est), coinvolto nei conflitti che scuotono le province orientali del territorio congolese.

Il Ruanda sostiene il gruppo armato M23, molto potente nell’est della Rdc. Kinshasa accusa i combattenti di rubare le risorse e di trasferirle in Ruanda. Da queste schermaglie deriva la denuncia contro il destinatario dei minerali (Apple).

Di sicuro il governo congolese intende scaricare le responsabilità della crisi sul Ruanda e far dimenticare la propria negligenza in una regione molto lontana dalla capitale.

Infatti, le autorità congolesi hanno una buona parte di responsabilità nello sfruttamento indiscriminato di tutti i minerali presenti nel sottosuolo dell’est del paese, in condizioni sociali e ambientali scandalose. Ecco perché la causa intentata dal governo di Kinshasa potrebbe avere un effetto boomerang, mettendo in evidenza tutti gli aspetti dello scandalo dei minerali congolesi.

Ma alla fine della catena chi troviamo? I consumatori (irresponsabili), che in larga parte si appoggiano ancora sul detto ‘occhio non vede, cuore non duole’.

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