A fine marzo, il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto con il quale ha stabilito che il gas deve essere pagato esclusivamente in rubli e non più in euro o dollari, come invece era accaduto fino ad allora. La misura ha preoccupato i Paesi europei, perché il rischio era quello di non riuscire più ad acquistare il gas senza rispettare le sanzioni applicate dagli stessi europei.
Fin da subito, però, grazie a un tecnicismo venuto in soccorso delle due parti, l’Europa ha potuto continuare a onorare i pagamenti e quindi a rifornire di gas le proprie economie. In pratica, fino alla firma del decreto da parte di Putin, i pagamenti avvenivano in euro su un conto della Gazprombank, uno dei pochi istituti bancari russi esclusi dai pacchetti di sanzioni. Da aprile, invece, dopo il decreto di Putin, i paesi europei hanno aperto due conti speciali, sempre presso Gazprombank, nelle due valute correnti, euro e rubli. In questo modo, gli acquirenti hanno continuato a pagare in euro, e Gazprombank ha convertito la valuta in rubli, trasferendoli sul secondo conto.
Un escamotage per salvare la faccia che la Commissione europea ha fin da subito criticato, chiudendo comunque un occhio. Secondo quanto riportato da Bloomberg, dopo che la Russia ha interrotto le forniture di gas verso Polonia e Bulgaria, quattro compratori europei avrebbero intanto già pagato in rubli, piegandosi di fatto alla volontà di Mosca. Mentre altre dieci compagnie energetiche avrebbero già aperto conti in rubli.
A chiarire, in parte, il quadro ci ha pensato Mario Draghi. “Sono fiducioso” che continueranno “i pagamenti ma per una ragione stupida forse, non c’è nessuna dichiarazione ufficiale che essi violino le sanzioni, quindi è una zona grigia”. Si è espresso così il premier italiano a Washington in conferenza stampa dopo l’incontro con Joe Biden, sul tema del pagamento in rubli delle forniture di gas. Al riguardo Draghi sottolinea: “Il più grande acquirente, la Germania, ha già pagato in rubli e la maggior parte degli importatori hanno già aperto conti in rubli”. Come a dire, allora possiamo farlo anche noi (con Eni).
La questione cruciale rimane. Indipendentemente dalla valuta che si vuole usare, la decisione che l’Europa è chiamata a prendere il prima possibile è se vuole continuare ad acquistare il gas russo oppure no. Perché da questa decisione può dipendere il futuro della guerra in Ucraina. Da una parte, i Paesi europei continuano a sovvenzionare il conflitto acquistando combustibili fossili dalla Russia. Mentre dall’altra inviano armi per sostenere la difesa del popolo ucraino. Tra questi pure la Germania, finora la nazione più restia. Un’ipocrisia che si è fatta troppo evidente.