L’Europa si prepari allo stop totale del gas russo. Questo l’avvertimento lanciato dall’Agenzia internazionale dell’energia secondo cui i tagli delle forniture delle scorse settimane non sono giustificati da problematiche tecniche come riferito da Mosca. Ma sarebbero parte di una precisa strategia del Cremlino: evitare che l’Europa riempia i suoi stoccaggi ora pieni al 55% (a fronte di una media del 51% negli ultimi quattro anni) così che sia facilmente ricattabile il prossimo autunno.
Intanto, i continui tagli di Mosca hanno spinto il prezzo dei futures del gas europeo nuovamente verso quota 130 euro. Con un balzo di un terzo questo mese e a livelli quattro volte superiori rispetto a quelli di un anno fa. Rincari che rilanciano nel dibattito europeo la proposta italiana di introdurre un tetto (intorno ai 90 euro al megawattora) al prezzo del gas russo.
Sul fatto di porre un limite al prezzo dell’oro blu resta lo scetticismo soprattutto dell’Olanda ma non più della Germania: Draghi avrebbe convinto Scholz durante il viaggio in treno per Kiev.
Mettere un tetto al prezzo del gas non basterà ad assicurarsi forniture sufficienti per un inverno tranquillo anche senza gas russo. Ecco perché Svezia e Danimarca hanno appena annunciato (come già Austria e Paesi Bassi) la prima fase dei rispettivi piani energetici emergenziali. Mentre in Germania e Italia si studia un passaggio alla seconda fase: quella di allarme.
Non si parla ancora di razionamento, mentre c’è il via libera a un ritorno del carbone. A Berlino, si sta lavorando a riattivare le centrali elettriche a carbone inattive aumentando di circa un terzo la dipendenza da questa fonte di energia. Mentre a Roma, Cingolani ha dato l’ok per l'acquisto di carbone in misura sufficiente all'eventuale massimizzazione delle centrali a carbone.
