È come se andare contromano in autostrada non ti costasse la vita e neanche una super multa, ma, anzi, vita integra come prima e pure un bel premio. Oppure, è come se essere aggredito e preso a ceffoni non si risolvesse in ecchimosi e fratture, ma, al contrario, in una dose di un elisir ringiovanente. È il mondo al contrario, quello che si sta sperimentando a pochi passi da Houston, in Texas, dove da una cosa brutta sta per uscire una cosa bella.
In tutto il mondo le centrali termoelettriche “mangiano” miscele più o meno combinate di gas (aria e gas naturale), fanno girare le turbine e restituiscono energia con uno scarto residuale di anidride carbonica nell'atmosfera. Il progresso della scienza, dalle prime turbine a gas degli anni ‘40 fino alla ultime “a ciclo combinato” (una alimentata a gas e, in successione, una seconda a vapore generato dai gas combusti della prima fase), è stato nel solco di una restituzione massima di energia e minima di carbonio.
Nella centrale prototipo di La Porte si sperimenta il traguardo massimo possibile. L'utilizzo, come “fluido di lavoro” dell'anidride carbonica pura (diossido di carbonio), ovvero proprio ciò che le centrali convenzionali emettono come sottoprodotto nell'atmosfera. Ex malo bonum, diceva Sant'Agostino, 1600 anni fa. E sarebbe proprio così: dal male il bene. Qualora, a fine sperimentazioni, la centrale dovesse operare, sarebbe un incredibile successo dell'uomo sulla natura: prendere combustibili fossili inquinanti (la CO2 è il derivato della combustione), ne estrai energia, con zero emissioni nocive.
La centrale della Net Power, società della North Carolina, infatti, reimpiega – generando quindi un extra-profitto - anche quella parte di anidride carbonica che pur rimarrà come sottoprodotto. Il tutto a costo zero, mentre finora la “cattura e il sequestro” del carbonio emesso era un sovracosto per le centrali convenzionali e costituiva un perdita del 20% della produzione elettrica.
È una centrale unica al mondo, dunque, che si stacca anche da altre elettro-avanguardie negli Stati Uniti. In effetti, altri impianti di ultima generazione fanno passi in avanti consistenti nel sequestro della CO2, come la centrale di Petra Nova, per ironia della sorte sempre a Houston, la quale però ha avuto bisogno di ingenti fondi statali ed è costata 1 miliardo di dollari, quasi 6 volte di più della vicina Net Power.
Quest'ultima è, invece, frutto di soli capitali privati statunitensi doc, provenienti da tre società che hanno investito 140 milioni di dollari e che, sempre nella logica del “controcorrente”, riceveranno contributi pubblici “dopo”, come premio del ciclo di sequestro degli inquinanti. Iper-veloce la realizzazione dell'impianto: progetto chiuso nel 2016, primo mattone nella primavera 2017. “Tutto sta funzionando bene” dicono gli ingegneri. Il termine dei test è previsto a breve e la produzione di energia dovrebbe scattare a fine anno.
Articolo precedentemente pubblicato su LA STAMPA