L'elettrolisi dell'acqua all'idrogeno (Her) è vitale per accumulare energia nella green economy: grazie a una nuova forma di grafene, che rende la tecnologia efficace e meno onerosa, le rinnovabili faranno un grande passo avanti. I ricercatori nipponici dell’Università di Tsukuba hanno scoperto che il grafene “forato” funziona meglio degli elettrodi in metallo nobile in questa reazione.
Si tratta di un materiale costituito da uno strato monoatomico di atomi di carbonio, con una struttura composta da celle esagonali, che ha la resistenza meccanica del diamante e la flessibilità della plastica e che trova applicazione in numerosi campi per le sue proprietà di conduzione elettrica e termica.
L’uso del grafene negli elettrodi Her non è nuovo: tuttavia questo nuovo sistema giapponese grazie ai fori di dimensioni nanometriche consente di incapsulare una lega di elettrodi di nichel-molibdeno (NiMo) migliorando la resa del processo rispetto a un grafene normale e non forato.
Il coautore dello studio Kailong Hu spiega il procedimento: “Abbiamo creato fori decorando la superficie di NiMo con nanoparticelle di silicio. Poi abbiamo depositato lo strato di grafene e i buchi non sono rimasti semplici spazi vuoti ma sono circondati da creste chimicamente attive dette frange, che guidano la chimica dell’elettrodo”.
L’autore principale Yoshikazu Ito spiega la novità dell’impiego del materiale: “Abbiamo perfezionato il nostro strato di grafene forato ottimizzando le dimensioni e il numero di fori”. Le frange sono più idrofile, dunque quando sono immerse nella soluzione acida producono più idrogeno rendendo il processo più redditizio. Il grafene forato potrebbe essere personalizzato su una vasta gamma di metalli, spingendo l’efficienza della produzione di idrogeno per l’adozione su larga scala.