Il Consiglio dei ministri ha varato il disegno di legge delega di riforma del fisco e avviato così un percorso che entro 24 mesi dovrà portare all’approvazione dei decreti attuativi di modifica del sistema di tassazione. La novità più significativa è il passaggio da 4 a 3 aliquote Irpef, gli obiettivi politici dichiarati sono la riduzione del carico fiscale sui redditi dipendenti e l’introduzione della possibilità di aderire al regime di flat tax per tutti.
Ma per capire chi ci guadagna e chi ci perde occorre dapprima precisare due aspetti. Primo: quella approvata dal governo è, come detto, una legge delega, che indica le linee guida della riforma ma non si occupa degli snodi applicativi fondamentali come il livello delle aliquote, materia oggetto dei decreti attuativi. Secondo: quando cambiano le aliquote si modifica anche la curva delle detrazioni per carichi famigliari e lavoro, e il risultato finale dipende da entrambi i fattori.
Le ipotesi tecniche sul tavolo sono più di una. Quella che sembra avere maggiori estimatori al governo accorpa i primi due scaglioni estendendo fino a 28mila euro di reddito lordo annuo l’aliquota del 23% che oggi si ferma a 15mila euro per alzarsi al 25% sui redditi superiori. Il resto del panorama Irpef rimarrebbe invariato chiedendo il 35% fra 28mila e 50mila euro e il 43% sopra.
Non è chiaro tuttavia come sarà finanziata la riduzione della pressione fiscale. Le possibilità sono fondamentalmente due: rivedere al ribasso la giungla di detrazioni e deduzioni; oppure semplicemente ridurre la spesa pubblica. C’è poi un altro nodo: con l'istituzione del concordato preventivo biennale e il rafforzamento dell'adempimento collaborativo cambiano anche le regole della lotta all’evasione fiscale che nelle intenzioni del Mef diventa preventiva e non più repressiva. C’è chi parla – tra questi Carlo Cottarelli - di “resa agli evasori”. Chi vivrà, vedrà.