Sarà la prima incombenza del nuovo governo, se si andrà al voto molto presto, o di un esecutivo di transizione se i tempi non consentiranno un'alternativa: fermare gli aumenti delle aliquote Iva che scatteranno a partire dal primo gennaio.
L'aliquota base, quella applicata sulla maggior parte dei prodotti, salirebbe dal 22 al 25,2%. Quella ridotta - oggi applicata a beni come carne, pesce, uova e molti altri prodotti alimentari - crescerebbe dal 10 al 13%.
Tutto ciò avviene perché negli anni passati i governi hanno inserito all'interno delle diverse leggi di Bilancio delle cosiddette clausole di salvaguardia, cioè degli aumenti di tasse automatici per garantire il rispetto dei parametri europei sui conti pubblici nell'arco del tempo. Servono, appunto, a salvaguardare i conti, ma possono essere "disinnescate" trovando ogni volta le risorse equivalenti al gettito assicurato dagli aumenti di imposte.
In questo caso, il governo Conte ha previsto incrementi Iva pari a 23,07 miliardi. Per avere un ordine di grandezza basti pensare che Reddito di cittadinanza e Quota 100 sono costati poco meno di 14 mld. E a questo punto della situazione reperire quelle risorse appare una missione quasi impossibile.