È l'Happy Meal di McDonald's, come dice ironicamente l'eurodeputato tedesco verde Sven Giegold. Il 19 settembre il commissario europeo alla Concorrenza, la danese Margrethe Vestager, ha dichiarato, a sorpresa, che il Lussemburgo non ha concesso aiuti illegali a McDonald's Europe non tassando i suoi profitti.
Il gigante del fast-food, che come altre società ha beneficiato delle concessioni fiscali concesse dal Granducato e da altri paesi dell'Ue, non subirà la stessa sorte toccata, tra gli altri, ad Amazon, che ha dovuto pagare 280 milioni di euro in Lussemburgo, e Apple, che ha sborsato 14,3 miliardi in Irlanda.
Invece, a McDonald's Europe - che comprende anche Russia e Ucraina - è riuscito un miracolo: il gruppo non ha pagato alcuna tassa sui propri utili - in realtà, royalties infragruppo dai propri franchising - in Europa e negli Stati Uniti. Ma non attraverso un’azione deliberata. La causa va ricercata in una lacuna legislativa che ha permesso questo miracolo di ingegneria fiscale. O quantomeno questa è la poco convincente spiegazione fornita da Vestager, che si è limitata a parlare di mancanza di "equità".
Al fine di evitare che gli utili della società fossero tassati due volte (Usa ed Ue), il Lussemburgo ha favorito un fenomeno senza precedenti: la doppia non imposizione. Negli Stati Uniti alla compagnia non è stato chiesto di dimostrare di essere stata tassata in Europa. E, nel Granducato, è stata esentata dal fornire prova di aver adempiuto agli oneri fiscali dall'altra parte dell'Atlantico.
Il paradosso è che la divisione europea della multinazionale Usa rispetta anche quanto previsto in merito al concetto di “stabile organizzazione”, normativa creata di recente ad hoc dalla Commissione europea per limitare l’elusione fiscale adottata da numerose multinazionali.
Per Bruxelles, dopo tre anni di indagini, non è possibile affermare che ci sarebbero stati aiuti illegali o "trattamenti speciali". Fatto sta, il gigante Usa non avrebbe pagato circa 1 miliardo di euro di tasse nel periodo 2009-2013. Con una dichiarazione che suona come un’ammissione (indiretta) di colpa, il gruppo ha replicato di aver però versato nelle casse dell’Ue 3 miliardi di dollari di imposte sul reddito delle società per il periodo 2013-2017 con un'aliquota media del 29%.
Ma resta ancora da chiarire un dubbio. Per quale motivo un commissario che si è costruita una reputazione da dura in anni di carriera politica a Bruxelles è improvvisamente divenuta così moderata nei toni e nei modi? Prove concrete non ce ne sono, ma quella che sembra una (strana) coincidenza sì: nel 1989, inizio del periodo contestato al gruppo Usa, l’attuale presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, era il premier del Lussemburgo (ha ricoperto la carica dal 1995 al 2013). Va bene la linea dura in politica, ma andare contro il proprio presidente sarebbe stato forse troppo anche per Margrethe.