Qualcuno paventa che la Cina possa ricattare gli Stati Uniti minacciando di interrompere i propri acquisti di bond. Possibile? La conseguenza sarebbe una rivalutazione dello yuan nei confronti del dollaro e quindi una minor competitività delle esportazioni cinesi.
Senza dubbio Pechino punta, nel medio e lungo termine, a indebolire il dollaro. Tuttavia, per ottenere un risultato che non sia controproducente deve prima riuscire ad ottenere che la domanda mondiale di dollari, e cioè il suo uso come principale moneta di scambio internazionale, diminuisca.
Un processo lento che è cominciato da tempo. Oltre a Russia e Cina anche altri paesi hanno cominciato a ridurre le loro quote di debito pubblico statunitense, concordando che gli scambi reciproci avvengano con pagamenti nelle rispettive valute o in euro.
Resta in ogni caso difficile prevedere se e quando il dollaro Usa non sarà più la principale valuta di riferimento a livello globale. E se mai il dollaro dovesse essere scalzato dal proprio ruolo di moneta dominante, il problema dell’enorme debito statunitense (23 mila miliardi di dollari) potrebbe trasformarsi in una catastrofe.
Davanti al calo della domanda del biglietto verde, la Fed non potrebbe più stampare dollari senza doverne sopportare le conseguenze inflattive e la perdita di valore. I prezzi interni aumenterebbero e ci si troverebbe di fronte a una nuova crisi finanziaria che avrebbe ripercussioni sulle economie di tutti quei Paesi che tuttora vedono negli Stati Uniti un alleato o, almeno, un mercato di sbocco per le proprie merci.