Il debito pubblico dei paesi Ocse aumenta. È passato da 25mila miliardi di dollari a 45 in 10 anni. Di per sè è una brutta notizia, ma lo diventa ancora di più se si tiene conto del fatto che i tassi di interesse tenderanno progressivamente ad aumentare in tutto il mondo. L'atteso rialzo del costo del denaro fa lievitare i costi di rifinanziamento del debito, pesando sui bilanci dei paesi e frapponendo ostacoli alla ripresa economica. Lo scenario è descritto dall’Ocse.
Tassi bassi hanno contribuito a sostenere elevati livelli di debito e persistenti deficit di bilancio dalla crisi finanziaria, secondo l’Organizzazione parigina, ma il contesto favorevole dell’ultimo decennio “potrebbe non essere una caratteristica permanente dei mercati finanziari”. Intanto i rendimenti obbligazionari hanno iniziato così a spostarsi verso l'alto. E il sospetto su un rialzo generalizzato dei tassi diventa indizio.
Intanto il rapporto debito/Pil in tutta l'area Ocse ha raggiunto nel 2017 il 73%. E gran parte del debito accumulato all'indomani della grande crisi è destinato a maturare nei prossimi anni. Ciò significa che i paesi sviluppati dovranno rifinanziare il 40 per cento del loro stock di debito entro il 2021.
Ma non è detto che il rifinanziamento sia una passeggiata. Il rating di molti paesi è diminuito mentre i loro livelli di indebitamento sono aumentati dal 2007-2008, rendendo di fatto alcuni debiti sovrani meno attrattivi per gli investitori alla ricerca di un credito di “alta qualità”.
A questo occorre aggiungere che gli Stati Uniti stanno emettendo un debito significativamente maggiore per finanziare le recenti riforme fiscali, con l'offerta aggiuntiva di titoli del Tesoro che spinge alcuni investitori a prevedere ulteriori aumenti dei rendimenti obbligazionari. Che si tradurrebbero in guadagni maggiori per i possessori dei titoli, ma anche in costi superiori per i governi. È il circolo vizioso del debito.